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Per l’installazione d’un impianto di videosorveglianza è necessario il consenso di tutti i condomini

   Quante volte di fronte alla paura di subire furti o di subirli nuovamente abbiamo pensato d’installare un impianto di videosorveglianza? In un’abitazione unifamiliare basta rivolgersi ad un tecnico e adeguarsi alle decisioni del garante per evitare di ledere la privacy altrui. Se si abita in condominio il discorso cambia e si complica. Allo stato attuale, infatti, è opinione dominante quella secondo cui l’impatto sul diritto alla riservatezza dell’installazione d’un impianto di videosorveglianza fa si che per la sua posa in opera e messa in funzionamento sia necessario il consenso di tutti i partecipanti al condominio. Ciò tanto se la decisione sull’installazione sia presa dall’assemblea, tanto se l’impianto sia posto a servizio d’un singolo condomino qualora le telecamere riprendano le parti comuni. Certamente il vuoto normativo non aiuta.

I dubbi sono molteplici.

L’assemblea è competente?

Alla decisione deve partecipare anche il conduttore o solamente il proprietario?

A questa decisione, sollevando questi dubbi che erano stati già proposti, è giunto il Tribunale di Varese con un’ordinanza dello scorso 16 giugno (la n. 1273).

Vediamo i principali passaggi della decisione.

Secondo il giudice lombardo un dato è certo. Uniformandosi a quanto affermato dalla Corte di Cassazione, infatti, egli dice che “ non commette il reato di cui all'articolo 615-bis del codice penale (interferenze illecite nella vita privata) il condomino che installi per motivi di sicurezza, allo scopo di tutelarsi dall'intrusione di soggetti estranei, alcune telecamere per visionare le aree comuni dell'edificio (come un vialetto e l'ingresso comune dell'edificio), anche se tali riprese sono effettuate contro la volontà dei condomini” specie se i condomini stessi siano “a conoscenza dell'esistenza delle telecamere” e possano “visionarne in ogni momento le riprese”; motivo per cui queste ultime non siano “neppure idonee a cogliere di sorpresa gli altri condomini in momenti in cui possano credere di non essere osservati”. Il Collegio ha precisato che: “La ripresa con una telecamera delle parti comuni non può pertanto in alcun modo ritenersi indebitamente invasiva della sfera privata dei condomini, poiché l’esposizione alla vista di terzi di un'area che costituisce pertinenza domiciliare e che non è destinata a manifestazioni di vita privata esclusive è incompatibile con una tutela penale della riservatezza, anche ove risultasse che manifestazioni di vita privata in quell'area siano state in concreto, inaspettatamente, realizzate e perciò riprese” (Trib. Varese 16 giugno 2011 n. 1273).

Ciò, però, non esclude l’illegittimità a livello civilistico, della decisione dell’assemblea o del singolo.Gli aspetti che coinvolgono la riservatezza e l’inviolabilità del domicilio (tutelata a livello costituzionale dall’art. 14 Cost.) sono così rilevanti da escludere, nel silenzio della legge in materia, che un singolo condomino o l’assemblea a maggioranza possano prendere delle decisioni che rischino di ledere questi diritti.

In considerazione di ciò il Tribunale di Varese (in conformità ai precedenti in materia, si veda Trib. Salerno 14 dicembre 2010) conclude evidenziando come “ il condomino non abbia alcun potere di installare, per sua sola decisione, delle telecamere in ambito condominiale, idonee a riprendere spazi comuni o addirittura spazi esclusivi degli altri condomini; ma, ancora, reputa questo giudice che nemmeno il Condominio abbia la potestà normativa per farlo, eccezion fatta per il caso in cui la decisione sia deliberata all’unanimità dai condomini, perfezionandosi in questo caso un comune consenso idoneo a fondare effetti tipici di un negozio dispositivo dei diritti coinvolti” (Trib. ult. cit).   

” (Trib. ult. cit).